Dello smart working se ne sente parlare ancora senza sosta. Anche dopo aver superato la pandemia, da quando nel marzo 2020 ci si è accorti che la vita come la conoscevamo sembrava non poter essere come prima, si è tentato di cercare nuove strade. Molti settori lavorativi si erano completamente paralizzati. Altri invece non hanno potuto o voluto fermarsi. Ma la soluzione a molti mali è stata per tanti il ricorso al lavoro agile. Soprattutto per le piccole e medie aziende perdere il contatto con il dipendente, la possibilità di controllarlo e valutarne gli errori è stato molto difficile.
Ma l’alternativa sarebbe stata quella di vedersi accumulare ordini, documenti, disservizi, per non parlare del calo del fatturato dovuto alla paralisi del mercato. Per cui, facendo il punto della situazione, scopriamo quale è stata la reale incidenza dell’avvento dello smart working in Italia, con alcune differenze.
Potrebbe sembrare un po’ poco: una fetta di forza lavoro di 3,6 milioni le persone che svolgono parte della loro attività lavorativa al di fuori della sede aziendale.Poco non è di certo, soprattutto se si considera che non tutti i lavori possono essere svolti da casa. Alla luce di ciò, il dato appare più rilevante, a maggior ragione se confrontato con quello del 2019.
Infatti, andando a ritroso nel tempo, solo le aziende con più di 100 dipendenti avevano iniziato – seppur marginalmente – già dal 2019 ad adottare il lavoro agile.
Questo può essere spiegato facilmente. In realtà aziendali più estese, la dotazione tecnologica di base è già abbastanza ampia, pertanto non costituisce una spesa ulteriore provvedere all’adeguamento del sistema allo smart working. In secondo luogo, a differenza di realtà più piccole, in questi casi i dipendenti non sono sottoposti ad un controllo diretto del dirigente, ma sono piuttosto affidati a dei responsabili che ne coordinano l’operato con l’aiuto dalla tecnologia.
Per questo ci si affida a software aziendali e a piattaforme condivise, da cui è possibile monitorare il rendimento del dipendente e la sua effettiva operosità.
Come ci si sente ad essere uno
smart-worker?
Certo, dopo circa 2 anni di chiusura in casa c’è chi inneggia all’abolizione del lavoro agile per tornare in ufficio. Per alcuni è una vocazione, per altri è semplicemente la volontà di evadere dalle mura di casa. Ma in linea di massima, sembrerebbe che da casa i lavoratori siano più efficienti e produttivi, ma soprattutto più soddisfatti.
Secondo le indagini statistiche di Confindustria infatti, gli smart-worker sarebbero in media più soddisfatti del proprio lavoro e del modo in cui riescono ad organizzarlo, e ciò influenzerebbe anche la loro volontà di rimanere all’interno della stessa azienda più a lungo. Un elemento, quest’ultimo, assolutamente da non sottovalutare.
I vantaggi del lavoro agile
Partiamo dalle piccole cose. Lavorare da casa ha dei vantaggi. In primis economici. Non ci sono costi di auto o di mezzi pubblici da dover sostenere ogni giorno. Non c’è la corsa all’uscita da casa. E nella pausa caffè che ci è permesso consumare a metà mattina ci viene comodo caricare una lavatrice o semplicemente organizzare la pausa pranzo. Anche questi dettagli rendono il lavoratore più predisposto al lavoro, soprattutto sapendo che non gli aspetta un’ora di auto per rincasare. Per non parlare di chi ama viaggiare: smart working non è sinonimo di “restare a casa”, anzi è il modo per spostarsi e lavorare in qualsiasi luogo, purchè sia dotato di una solida connessione.
I danni all’indotto ed i compromessi
Il rovescio della medaglia è dato però dai danni subiti dalle attività che gravitano attorno al lavoratore fuori casa. Bar e tavole calde che sul pranzo in ufficio hanno investito la propria attività. Ma oltre al fattore economico quel che manca è anche e soprattutto il rapporto umano. Il caffè al bar di fiducia era anche il modo per scambiare due chiacchiere e staccare mentalmente dai pensieri del lavoro per un’oretta. Probabilmente per il bene delle aziende e dei dipendenti, la soluzione si troverà a metà strada. Recandosi in sede un paio di giorni a settimana e lasciando sopravvivere queste parentesi di casa che non a tutti dispiacciono.
Che dunque il lavoro sia da casa o in sede, forse poco importa, ciò che conta è fare ciò che si ama e – come diceva Confucio – così facendo, non avremo lavorato neanche un giorno della nostra vita.
Quel che abbiamo capito in questi ultimi anni è che comunque non esistono ricette magiche che rendano il lavoro più comodo per tutti. Ma se non altro questa esperienza è servita per conoscere un modo di lavorare che ci era praticamente estraneo e che alcune aziende non abbandoneranno più, ma anzi plasmeranno in funzione delle proprie necessità.
Siamo distanti? Nessun problema, possiamo comunque lavorare insieme!
Condividi questo post
Alessio Perrone
Cresciuto a Goleador e Star Wars, mi sono sempre chiesto quale fosse il mio destino tra lato chiaro o scuro della forza. Oggi, tra caffè e musica nelle orecchie viaggio spesso per lavoro in Italia e all’estero. Nativo calabrese, ho trovato la mia dimensione tra il browser e il cliente sfruttando le potenzialità del web 2.0 e delle strategie di Marketing Digitale.
Dal 2014 sono titolare di yoursocialnoise Digital Agency, ma da grande voglio visitare tutte le stelle dell’universo! Nel tempo libero mi piace viaggiare e leggere un buon libro cartaceo. Vado matto per la cioccolata e sono appassionato di fotografia.